martedì 14 dicembre 2010

I pannelli fotovoltaici che si autoriparano

Da sempre la natura insegna e una ricerca del MIT di Boston condotta dal Dipartimento dell’Energia del prestigioso Istituto di ricerca lo conferma: il professore di ingegneria chimica Michael Strano, infatti, si è ispirato al comportamento delle piante (che dal sole non vengono distrutte ma che, con la fotosintesi, riciclano il loro “parco proteine” all’incirca ogni tre quarti d’ora) creando delle celle fotovoltaiche in grado di convertire l’energia solare in energia elettrica e, soprattutto, di autoassemblarsi.

Una delle maggiori difficoltà dei produttori di pannelli fotovoltaici è il grado di invecchiamento degli stessi, visto che i materiali con i quali sono costruiti tendono ad essere distrutti dalla degradazione prodotta dalla loro interazione con i raggi solari. Per superare questo problema, i ricercatori del MIT hanno “copiato” il comportamento dei cloroplasti durante la sintesi clorofilliana; in pratica, le proteine contenute nei cloroplasti decadono sì (il professor Strano afferma che il processo avviene “come se l’ossigeno rompesse il ‘cavo’ che tiene unita la proteina”) ma le piante sono in grado di ri-assemblare la stessa proteina.

Il ricercatore, dunque, ha creato delle molecole sintetiche capaci di attivarsi alla luce solare liberando elettroni, organizzate in “centri di reazione” e mantenute su dischi di fosfolipidi. Questi dischi sono immersi in una soluzione grazie alla quale si legano spontaneamente a nanotubi di carbonio che, allineando i centri di reazione, funzionano anche da conduttori per raccogliere e incanalare il flusso di elettrodi liberato dai centri stessi. E quando un tensioattivo viene aggiunto a questa soluzione, ecco che i vari componenti si distaccano fra loro per poi (è questa è la novità) riassemblarsi perfettamente quando il tensioattivo (mediante una speciale membrana) viene rimosso.

La ricerca ha dimostrato che l’efficienza di questa struttura molecolare (nel processo di conversione luce-elettricità) è di circa il 40% ma il professor Strano ha dichiarato che, almeno teoricamente, il valore potrebbe salire al 100%. Ecco perché i risultati e le potenzialità di questa ricerca potrebbero essere in grado di offrire al mondo dell’industria una formidabile opportunità tecnologica, dando vita alla produzione su scala industriale di pannelli fotovoltaici capaci di “ripararsi”, eliminando così la caduta di efficienza e la necessità di sostituzione e riparazione dei pannelli dovuta, appunto, all’interazione fra i raggi solari e l’attuale materiale utilizzato nella realizzazione dei pannelli.

Fonte: rivista Energia Solare & Rinnovabili

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